Archivio dell'autore Roberto Demo

Sound and Silence –

Cosa significa “assolo” ? … “fare l’amore col silenzio”.

I partecipanti sono invitati a realizzare assoli su una base di pattern vocali. 
Il Silenzio è un ingrediente di estrema importanza! 
Vengono proposti esercizi per sviluppare le proprie capacità di ascolto, pattern e melodie con pause in punti specifici delle misure, così da dover distribuire le idee musicali in modo non convenzionale, migliorare la gestione del tempo e usare la voce più come strumento. Come produrre suoni strumentali con la tua voce 
(metodo EVT –  Estill Voice Training). Guarda il trailer su YouTube “The Orchestra in the Mouth”.
OiM page    https://www.robertodemo.net/la-tua-voce-ha-un-potenziale-incredibile/
EVT page    https://www.robertodemo.net/evt-estill-voice-training-voicecraft/
 
 

Canta che ti passa

Pare che l’espressione sia stata incisa in una trincea da un soldato sconosciuto durante la prima guerra mondiale: l’ufficiale e scrittore Piero Jahier la trascrisse come epigrafe di una raccolta di Canti del soldato (Milano, 1919). Nella prefazione (firmata con lo pseudonimo di Pietro Barba), Jahier parla del «buon consiglio che un fante compagno aveva graffiato nella parete della dolina: canta che ti passa».

In realtà la funzione terapeutica del canto è nota sin dall’antichità, e ha ispirato miti come quelli del cantore Orfeo. Restando nell’ambito della letteratura italiana, si veda questo verso di Petrarca (Canzoniere XXIII, 4): Perché cantando il duol si disacerba.

Il mito di Orfeo pare risalga almeno al V secolo a.C., ma personalmente sono convinto che l’origine, non tanto del proverbio quanto della veridicità di questa pratica, almeno nella sua forma più istintiva ed inconsapevole, sia molto molto più antica e si trovi nell’origine dell’Uomo stesso, che si dice abbia cantato prima ancora di parlare.

La notte dei canti in cerchio

Don’t prepare – Non pianificare troppo

Continuiamo il nostro viaggio nelle lezioni di “Improv Wisdom” di Patricia Ryan Madson. Oggi parliamo del secondo principio: “Don’t prepare”, ovvero “non pianificare, non prepararti troppo”.

La pianificazione è un tentativo, spesso futile, di controllare il mondo in cui ci muoviamo, per sua natura imprevedibile. Sforzarsi a programmare le proprie attività e preoccuparsi eccessivamente del futuro è una perdita di tempo e di energie. Anche le aspettative che ci poniamo rispetto agli altri e agli eventi spesso vengono disconfermate, generando delusione, insoddisfazione e infelicità. 

Il segreto per una vita serena e piena sta invece nella capacità di stare nel presente, mantenendo una visione d’insieme della strada da percorrere e della interrelazione con gli altri esseri viventi: sentire se stessi e sentire gli altri nel qui ed ora, percepire l’energia che scorre e ci unisce, lasciar andare quel che abbiamo dentro, fidandoci della vita e del nostro potenziale.

Nell’articolo di approfondimento che vi proponiamo oggi, https://www.stateofmind.it/2014/06/obiettivi-felicita/, Oliver Burkman, basandosi su ricerche e interviste della psicologa Saras Sarasvathy in ambito organizzativo, argomenta che gli sforzi che facciamo per raggiungere gli obiettivi che pensiamo ci renderanno felici, in realtà ci allontanano da tali obiettivi e dalla felicità stessa. La nostra ansia per il futuro infatti ci orienta spesso a prendere le decisioni più difficili solo per liberarci dall’insicurezza: ed oggi più che mai nella storia ci è richiesto di imparare ad accogliere e abbracciare l’incertezza, facendo tesoro della nostra capacità di essere flessibili ad ogni cambiamento, di apprendere in modo non convenzionale, di rimodulare non solo il percorso ma anche i nostri obiettivi, insomma di saper improvvisare.

BG

 

 

 

 

 

Improvvisare: ovvero, come allenarsi al qui ed ora

“La vita è come il jazz: viene meglio quando si improvvisa.” (G. Gershwin)

 

Inadeguatezza e paura dell’errore

Nella nostra quotidianità ci accade spesso di sentirci sopraffatti dall’ansia di sbagliare, dalla paura di non essere all’altezza, di non sentirci adeguati alla situazione, di non essere abbastanza capaci. Tante volte, per il timore di dire qualcosa di stupido o di banale, non apriamo bocca: vorremmo dire la nostra e poi ci tratteniamo per il timore di essere giudicati.

Alla base di queste paure sta il senso di inadeguatezza che tutti noi, in misura variabile, ci portiamo dietro: una sensazione di essere “meno” degli altri, frutto dell’accumularsi di giudizi frettolosi che ci sono stati dati nel passato, di paragoni fatti con altri fratelli o figli di amici, di situazioni in cui realmente – da bambini o da adulti – non siamo stati adeguati alla situazione.

E così ci abituiamo a vivere dietro una corazza che crediamo utile a proteggerci, ma che in realtà ci nasconde: crediamo di ripararci dal rischio di sbagliare un’altra volta (come se l’errore fosse sempre irrimediabile o comunque solo un peso vergognoso e inaccettabile) ma di fatto non facciamo altro che stare nell’ombra e guardare passivamente la vita che va avanti, senza il coraggio di entrarci dentro davvero, privandoci delle vibranti emozioni dell’innovare, del rischiare, dell’esplorare oltre i confini della nostra zona di comfort.

La trappola del perfezionismo

Improvvisare significa innanzi tutto stare nel qui ed ora, essere sempre e costantemente centrati, in relazione con noi stessi, con i nostri compagni di performance, con l’ambiente e con ogni stimolo esterno o interno. In pochi secondi dobbiamo formulare una nuova idea, rispondere ad un pattern, reagire ad un input, e con ridottissimo tempo per pensare.

Questa contrazione del tempo dedicato al pensare ci impedisce di metterci nella condizione di preparare necessariamente qualcosa di bello, adeguato, giusto, degno dell’approvazione e dell’ammirazione altrui: e dunque siamo spinti a lasciar andare il giudizio interno, a metter a tacere quella voce interiore che ci chiede di essere sempre perfetti.

Spesso non ne siamo consapevoli, ma dietro la paura di non essere all’altezza c’è sempre un’idealizzazione di perfezione.  “Devo dire o fare sempre la cosa giusta” “Non posso permettermi di sbagliare” “Devo sempre dare il meglio.” E’ come se per una parte di noi permettersi di sbagliare o di non essere perfetti significasse correre un rischio enorme: il rischio di non essere accettati, di essere giudicati o, quel che è peggio, non amati e abbandonati. Pur sapendo, a livello razionale e conscio, che questa convinzione non è basata su un dato reale, le nostre parti più profonde, che risiedono nell’area più antica del nostro cervello in cui abitano le paure, credono fermamente che sbagliare sia terribilmente grave.

Questo è quello che spesso ci blocca nella vita, nel prendere decisioni, nel fare delle scelte o nell’esprimersi in un gruppo: la convinzione che quello che facciamo o diciamo debba sempre essere originale, intelligente, degno di nota, e che ottenga una valutazione positiva da parte di tutti coloro che ci stanno intorno. In questo modo però non facciamo che staccarci dal piano di realtà, andando a collocarci in una posizione lontana, astratta, mentale, in cui siamo in continua ricerca della cosa “migliore” mentre la vita vera prosegue, e noi la guardiamo passare.

Il potere dell’errore

L’improvvisazione ci aiuta a rompere la corazza della nostra paura di sbagliare e a bloccare tutto questo processo di convinzioni fasulle. Non c’è tempo per pensare, non c’è un modo perfetto di fare: tutto deve fluire e scorrere, non c’è una cosa giusta ma solo quello che ci viene istintivamente e arriva spontaneamente stando in ascolto del contesto e attenti alle proposte degli altri, al servizio della musica.

Nell’improvvisazione scopriamo che non c’è mai un errore perché tutto, qualunque idea, può sempre essere rimessa in gioco, le si può sempre dare un senso e può diventare portatrice di valore. L’errore diventa una grande occasione di innovazione, perché ci porta fuori da ciò che avevamo previsto: e, quando siamo nel flusso della creazione collettiva, siamo costretti a trovare un senso anche a ciò che sembrava non averlo. L’errore si trasforma in un contrappunto, in un nuovo “mattoncino” su cui costruire. Dobbiamo accoglierlo e attivare tutta la nostra presenza, superando la preoccupazione di aver sbagliato e ripartendo immediatamente per dare nuova vita alla performance.

Fiducia in sé, fiducia negli altri

Nel gioco dell’improvvisazione siamo sempre in relazione con gli altri: la responsabilità non è tutta sulle nostre spalle, ma il risultato creativo è sempre frutto di una co-costruzione. Questo presuppone anche imparare a fidarsi dell’Altro oltre che di noi stessi, ad accettare il contributo di tutti dandogli adeguato spazio di importanza, a cercare un risultato collettivo più che individuale.

Improvvisando ci alleniamo a superare un pensiero disfunzionale che ci blocca e ci estranea dalla realtà, per entrare in contatto con un presente attivo e stimolante, con il qui ed ora. Se ci alleniamo a stare in contatto con ciò che accade, se non ci diamo il tempo di farci ingombrare la testa da pensieri limitanti, ci accorgeremo che le cose arriveranno fluide, che le nostre stesse idee ci sorprenderanno piacevolmente: e potremo meravigliarci del fatto che anche una cosa semplice e apparentemente banale, se coerente ed armoniosa con il contesto, è esattamente ciò che ci vuole per dare un senso a quel momento, a quella performance.

E la nostra stessa vita riacquisterà poco alla volta la bellezza del fluire.

BG

 

 

Canta fino a dieci… o undici!

Volete 10 buoni motivi per iniziare a cantare in un coro? Eleonora Bettinelli, blogger e anima della pagina Facebook “L’amante di musica classica imbruttito”, ce li propone nell’articolo semiserio Canta fino a dieci.

Motivi nobili e meno nobili che ci possono stimolare per unirci ad una formazione corale: benessere, relax, socialità, esercizio mentale, sviluppo della fiducia, divertirsi, anche in modo irriverente! Il tutto condito da brevi video di esempio delle infinite possibilità espressive che il canto corale ci offre, spaziando dalle forme più classiche a quelle più contemporanee, creative e imprevedibili.

Anche noi vi invitiamo ad unirvi ad un coro, ad un coro come nessun altro: un coro in cui si sperimentano arrangiamenti originali di brani pop, rock, gospel e jazz, ma insieme si dà spazio all’improvvisazione, alla creazione istantanea, alla ricerca della composizione collettiva ogni volta diversa e originale, grazie ad un lavoro di sviluppo dell’ascolto, dell’ear training e delle tecniche di direzione corale tratte dal Vocal Painting di provenienza nordica. Parliamo dell’approccio “The Intelligent Choir”, codificato dal danese Jim Daus Hjernøe, su cui potete trovare qui un approfondimento.

Singfulness Choir, di prossimo avvio a Torino, è questo e molto di più: venite a conoscerci, e aggiungerete il vostro undicesimo personale motivo alla lista!

BG

Singfulness CHOIR e Singfulness ON STAGE

Singfulness CHOIR
Cantare in coro è un’esperienza gioiosa ed arricchente. E’ dimostrato scientificamente quanto il canto corale sia benefico e salutare. E se al repertorio gospel, swing, pop, rock si aggiunge una direzione “creativa”, si possono offrire emozioni ed entusiasmo a tutti coloro che partecipano (sul palco e in platea). Il Singfulness Choir infatti utilizza i gesti del Vocal Painting (dal Sound Painting di Walter Thompson) come strumento di direzione alternativa, basata sull’improvvisazione e sulla percezione del momento, coinvolgendo non solo i coristi, ma tutto il pubblico presente. Emozioni da non perdere!

 

Singfulness ON STAGE
Una proposta ad elevata componente creativa, finalizzata alla creazione di performance totalmente improvvisate, basate su diverse forme estetiche, realizzate dalla sovrapposizione di pattern melodico-ritmici e liberi movimenti. Esercizi di ear training e di sviluppo della propria creatività, per migliorare capacità di ascolto e reattività vocale, ma anche per favorire una maggiore prontezza nel cogliere il momento. Consapevolezza, assenza di giudizio, fiducia, autostima, accettazione dell’errore, sono i principali ingredienti di questo percorso, valorizzando il contributo di tutti. Una nuova esperienza per cantare insieme liberamente, senza necessariamente essere dei cantanti, ma semplicemente strumenti a disposizione della Musica.

Stare nel flusso

“…ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier fará ritorno.”       (G. Leopardi)

Rientro alla quotidianità dopo le vacanze: è sempre un momento difficile. Anche se torniamo ricaricati e riposati, con rinnovate energie, il pensiero di affrontare la routine di lavoro, studio, casa, impegni, responsabilità ci instilla una certa malinconia. Quest’anno si aggiunge a questo stato d’animo il senso di incertezza che l’epidemia del Covid-19 porta con sé da alcuni mesi. L’estate pareva averci regalato una certa immunità dal virus, ma le notizie di questi giorni ci dicono che non è stato proprio così: ancora non è chiaro cosa ci riserveranno i mesi autunnali e invernali e come si configurerà la nostra “nuova normalità”. Le nostre capacità di sviluppare resilienza ed armonia interiore saranno dunque sempre più essenziali: saperci mantenere sereni e saldi, trovando in noi stessi la motivazione e la spinta ad accogliere quel che arriva.

Dice il maestro della Mindfulness Thich Nhat Hanh che “A volte la tua gioia è la fonte del tuo sorriso, ma a volte il tuo sorriso può essere la fonte della tua gioia.”. E noi, che più di ogni altra cosa amiamo cantare, rinforziamo il concetto con il pensiero dello psicologo William James: “Non si canta perché si è felici; si è felici perché si canta.” Le neuroscienze hanno ormai dimostrato gli effetti del canto sui processi neurochimici: cantare e improvvisare cantando potenziano la produzione di ormoni generatori di buon umore e diminuiscono quella degli ormoni stressogeni. Lo studio citato nell’articolo   http://www.thevoiceland.net/ormoni-e-canto-ecco-cosa-svela-la-scienza/ riporta in particolare l’efficacia del canto e dell’improvvisazione nel portare le persone verso lo “stato di flow”, ovvero uno stato ottimale per lo svolgimento di una performance caratterizzato dal sentirsi pienamente e piacevolmente immersi in ciò che si sta facendo. L’esperimento mostra che i partecipanti, cantando in gruppo ed in particolare improvvisando, sperimentavano la condizione di “social flow”, cioè una dimensione psicologica che coinvolge anche la percezione dell’interazione con gli altri, vissuta come un’esperienza di qualità e gratificante. Cantare insieme dunque promuove una più efficace connessione con le nostre riserve di ottimismo e ci aiuta a “stare nel flusso” positivamente insieme agli altri. Una perfetta terapia per questi tempi di incertezza. Bentornati, vi aspettiamo!

BG

Le note tra le righe

Cari lettori di Passaparola,

quasi pronti per le vacanze? Immaginandovi intenti a preparare i bagagli in vista del meritato riposo estivo, abbiamo pensato di dedicare un apposito articolo in questo numero della nostra newsletter per proporvi qualche piccolo consiglio di lettura. Che siate sotto un ombrellone in riva al mare o al fresco di una pineta tra i monti o anche solo sul balcone di casa, siamo certi che un buon libro è sempre un’ottima compagnia. Naturalmente, per voi che sappiamo essere appassionati di musica, abbiamo preparato una “compilation” (o, come si direbbe oggi, una playlist) di romanzi nei quali la protagonista è la musica.

La relazione tra musica e letteratura è strettissima fin dalle origini; se pensiamo all’etimologia stessa della parola, possiamo ricordare che gli antichi Greci con la parola mousiké intendevano l’insieme delle tre arti ispirate dalle muse – poesia, musica e danza –, e non esisteva strumento ritenuto più efficace e sublime della mousiké per l’educazione dell’uomo. Il rapporto tra musica e parole, tra musica e narrazione, si è creato molto anticamente nella storia della civiltà e in modalità del tutto naturali: le narrazioni epiche di tutte le tradizioni – sia colte che popolari – vedono infatti attuarsi nel canto la connessione spontanea di parole e musica. Pur servendosi di canali diversi per entrare in sintonia con il fruitore, musica e letteratura hanno la capacità di trasmettere, quando si rivolgono a uno spirito recettivo, un analogo sentire artistico. Diceva Goethe che “la musica comincia dove le parole finiscono”. O forse, più semplicemente, scrittura letteraria e sentire musicale, scrittura musicale e sentire letterario, sfumano l’una nell’altro, spesso in modo inconscio o non del tutto percettibile.

Il rapporto di reciproca ispirazione tra musica e letteratura è dunque una costante nella storia dell’espressione artistica, ma è innegabile che a partire dal XX secolo, grazie soprattutto alla nascita di generi musicali più popolari, si sia intensificato e vivacizzato. La tendenza degli scrittori a servirsi delle sette note per raccontare la propria epoca è divenuta sempre più frequente, specie nella narrativa. E dunque molti romanzi, da grandi classici del ‘900 fino a racconti contemporanei di giovani autori, sono pervasi dalla presenza della musica come personaggio, contesto ispiratore, leit motiv, anima stessa della narrazione.

Ecco allora 20 titoli che vi suggeriamo per la vostra estate: storie in cui la musica è passione, genio, desiderio, mania, sogno, salvezza o destino. Per rendervi la scelta più facile, li abbiamo organizzati per generi: così ciascuno potrà scegliere la propria musica preferita.

 

CLASSICA E DINTORNI

Thomas Mann, Doktor Faustus – Oscar Mondadori

Lev Tolstoj, La sonata a Kreutzer – Feltrinelli

Pascal Quignard, Tutte le mattine del mondo – Analogon

Tiziano Scarpa, Stabat Mater – Einaudi

Thomas Bernhard, Il soccombente – Adelphi

Abraham Yeoshua, La comparsa – Einaudi

 

ATMOSFERE ROCK – POP

Nick Hornby, Alta fedeltà – Guanda

Hanif Koureishi, Il buddha delle periferie – Leonardo

Salman Rushdie, La terra sotto i suoi piedi – Oscar Mondadori

Gianluca Morozzi, Chi non muore – Guanda

Ann Tyler, Una vita allo sbando – Guanda

Jonathan Coe, Questa notte mi ha aperto gli occhi – Feltrinelli

David Grossman, Qualcuno con cui correre – Oscar Mondadori

 

ARMONIE JAZZ E BLUES

Geoff Dyer, Natura morta con custodia di sax – Il Saggiatore

Haruki Murakami, Wada Makoto, Ritratti in jazz – Frontiere Einaudi

Alessandro Baricco, Novecento – Feltrinelli

Levi Henriksen, Norwegian Blues – Iperborea

Kazuo Ishiguro, Notturni: cinque storie di musica e crepuscolo – Einaudi

Toni Morrison, Jazz – Pickwick

Haruki Murakami, A sud del confine, a ovest del sole – Einaudi

 

Buone vacanze a tutti e buona lettura!

Barbara Gherra

Il gesto, la voce, il paesaggio

Come non stupirsi delle possibilità di movimenti e posizioni poetiche dei nostri corpi fino ad ora inesplorati? Come farne uno strumento creativo a disposizione della propria espressività ?
Attraverso la frequentazione di spazi nella natura e nell’arte, e la condivisione di vocabolari di gesti, si arriva a comporre dialoghi, che si esprimono con il linguaggio del movimento del corpo umano. Una poesia i cui versi si snocciolano tra ossa e muscoli , sguardi, palpabili emozioni.

Dalla necessità del gesto si può fluire all’atto creativo . Un andare e tornare, naturalmente lieve e concreto . Abitare liberamente i propri corpi . Partecipare liberamente alla presenza altrui. Esplorare con rinnovati sensi la percezione dei luoghi . Scoprire come l’esserci possa trasformarsi in una danza.
Rosa Cerri, danzatrice, coreografa, docente di Tai Ki Kung

Attraverso l’uso creativo della propria voce, si sviluppano ascolto, assenza di giudizio, fiducia, autostima, accettazione dell’errore, consapevolezza, e varie dimensioni delle relazioni umane.
Una esperienza nuova a cui tutti possono partecipare semplicemente lasciandosi andare… improvvisando.
Circlesinging guidata, improvvisazione libera su pattern e cenni di Vocal Painting.
Una proposta per rilassarci ascoltando le vibrazioni profonde delle nostre voci, per giocare con la propria creatività, dando vita ad una musica totalmente nuova.
Roberto Demo, cantante, improvvisatore, vocal coach EVT.

 

Info e Iscrizioni : Endra 3929484415

Sabato 5.9.2020 ore 10-18, con pausa pranzo

Costi: giornata intera 60€ – mezza giornata 40€

Pratica in ampi spazi all’aperto e al chiuso secondo necessità.
Evento nel rispetto della normativa attuale per la tutela della salute pubblica.